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martedì 31 agosto 2010

Riflessioni: L' Accettazione

Donna bionda in rosa con le braccia aperte
L'accettazione equivale alla rassegnazione?
Probabilmente l'effetto ottenuto da due atteggiamenti che si rassomigliano risulta lo stesso, cioè quello di non coltivare rabbia e dolore per un evento sconvolgente, una realtà interiore ineluttabile senza alcuna possibilità di fuga o rimedio.

Sicuramente prediligo l'accettazione perché mi fa sentire parte attiva nel gioco che la vita conduce per me, consapevole e positiva nel rapportarmi a ciò che non mi sarà possibile cambiare.

Quando mi trovo di fronte ad una schiacciante realtà esterna tendo a mutare me stessa, il giudizio, le aspettative, la relazione che intrattengo con questa oggettività immutabile quanto indesiderata. Nello sforzo immane compiuto per non soccombere, scopro nuove ed inattese risorse che mi fanno ben sperare per i giorni burrascosi visibili all'orizzonte.

Diversa è la strategia proposta per accogliere le peculiarità personali che l'individuo deve gestire, insieme ai condizionamenti ed alle reazioni emotive causate dall'ambiente in cui vive. Penso sia più difficile accettare le proprie caratteristiche che l'insoddisfazione di una vita infelice, la cui responsabilità viene attribuita, di volta in volta, al fato, alla sfortuna o al caso, a coloro che ci conoscono senza comprendere, alla televisione, alla politica e così via.

Analizzando alcuni disturbi della personalità possiamo soffermarci a lungo sulla pessima influenza delle cattive figure genitoriali, ma questo non porterà sollievo alcuno né, tanto meno, faciliterà la necessaria accettazione del passato.

Per far pace con esso, limitando i danni, occorre muoversi su più fronti:

--Risolvere il rapporto con le figure di riferimento per non introiettare un super-io rigido ed esigente, sviluppando un senso di colpa devastante e foriero di problemi depressivi più o meno gravi.

--Accettare, per quanto possibile, il mancato godimento di un armonioso sviluppo affettivo e osservare le proprie cicatrici evitando di esibirle o compiacersene; perseverare nella ricerca di un adeguato accomodamento, insieme al proposito di migliorare la propria condizione, pur non aspirando alla finitezza, di solito percepita come impossibile da raggiungere.

--Rifugiarsi in tutto ciò che può dare un minimo di conforto, nei limiti della decenza e del rispetto, poco o tanto che siano, del proprio corpo e della dignità personale.

--Frequentare l'ironia, un'efficace risorsa contro i pensieri tristi, l'arma capace di infrangere i propositi contrari all'alito vitale e la voglia di distruggere ogni cosa per porre fine al tormento.

Flory Brown - 31 Agosto 2010

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